Gradara è un pittoresco borgo medievale situato nella regione delle Marche, in Italia. È famoso per il suo maestoso castello, che risale al XII secolo ed è considerato uno dei migliori esempi di architettura militare medievale nella regione. Oggi, Gradara attira numerosi visitatori con il suo fascino storico, le stradine lastricate e le viste panoramiche mozzafiato sulla campagna circostante.
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Chi non ha mai letto, sentito o ripetuto:
“Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende. Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense” (Divina Commedia, Inferno – Canto V, 100-107).
Dante, nell’inferno Dantesco, racconta la storia drammatica di Paolo e Francesca, due personaggi realmente esistiti a Gradara. Vera o falsa che sia, la storia di Paolo e Francesca, è entrata nell’immaginario popolare e anche intellettuale, ispirando le opere di scrittori, pittori, drammaturghi, compositori, registi.
Gradara, come Montefiore Conca, è stata inserita tra i “Borghi più belli d’Italia” dall’associazione omonima ed è stata insignita della “Bandiera arancione” del Touring Club Italiano. Il castello di Gradara è costituito da un castello-fortezza medievale (la rocca) e dall’adiacente borgo storico, protetto da una cinta muraria esterna che si estende per quasi 800 metri, con un fossato ed un ponte levatoio di legno che rende l’intera struttura impenetrabile.

Quando ci immaginiamo un castello, riportando alla mente le immagini di cartoni animati o film, lo immaginiamo esattamente come il castello di Gradara.
E, come Montefiore Conca, anche Gradara ha la sua romantica ma drammatica storia d’amore.
Una delle storie d’amore più belle
Francesca da Polenta era figlia di Guido Minore Signore di Ravenna e Cervia e lì viveva tranquilla e serena la sua fanciullezza, sperando che il padre le trovasse uno sposo gradevole e gentile.
Siamo nel 1275 e Guido da Polenta decise di dare la mano di sua figlia a Giovanni Malatesta (detto Giangiotto Johannes Zoctus – Giovanni zoppo) che lo aveva aiutato a cacciare i Traversari, suoi nemici.
Il capostipite, Malatesta da Verucchio detto il Mastin Vecchio o il Centenario, concorda ed il matrimonio è così combinato.
Per evitare il possibile rifiuto da parte della giovane Francesca, bella e di grande anima, i potenti signori di Rimini e Ravenna, preoccupati che la figliuola rifiutasse Giovanni zoppo, tramarono l’inganno.
Mandarono a Ravenna Paolo il Bello “piacevole uomo e molto costumato”, fratello di Giangiotto. Francesca una volta visto Paolo il Bello accettò con gioia il matrimonio combinato ed il giorno delle nozze, senza dubbio alcuno, pronunciò felice il suo “sì” senza sapere che Paolo la sposava “artificiosamente” a nome e per conto del fratello Giangiotto.
Ben presto si rassegnò all’inganno, ebbe una figlia che chiamò Concordia, come la suocera, e cercava di allietare come poteva le sue tristi giornate. Paolo, che aveva possedimenti nei pressi di Gradara, sovente faceva visita alla cognata e si rammaricava di essersi prestato all’inganno perché di Francesca era innamorato.
Uno dei fratelli, Malatestino dell’Occhio, così chiamato perché aveva un occhio solo “ma da quell’uno vedeva fin troppo bene” spiando, s’accorse degli incontri segreti tra Paolo e Francesca.
Un giorno del settembre 1289, Paolo passò per una delle sue solite visite e qualcuno avvisò Giangiotto. Quest’ultimo, che ogni mattina partiva per Pesaro ad espletare la sua carica di Podestà per poi far ritorno a tarda sera, finse di partire ma rientrò da un passaggio segreto e mentre leggevano estasiati la storia di Lancillotto e Ginevra, “come amor li strinse” si diedero un casto bacio (questo è quello che Dante fa dire a Francesca) e proprio in quell’istante Giangiotto aprì la porta e li sorprese.
Accecato dalla gelosia estrasse la spada, Paolo cercò di salvarsi passando dalla botola che si trovava vicino alla porta ma, si dice, che il vestito gli si impigliasse in un chiodo, dovette tornare indietro e, mentre Giangiotto lo stava per passare a fil di spada, Francesca gli si parò dinnanzi per salvarlo, ma Giangiotto li infilzò entrambi.

Dante Alighieri, di passaggio tra Marche e Romagna viene a conoscenza della storia dei due sfortunati amanti e decide di raccontarla nella sua Divina Commedia.
Paolo e Francesca sono destinati all’Inferno, rei di aver ceduto al peccato mortale della Lussuria. Dalle sue terzine traspare però pietà per loro e per la loro prematura fine, infatti condanna l’assassino Giangiotto alla Caina, la zona del IX girone dove scontano la loro pena eterna gli uccisori a tradimento dei propri congiunti:
“Caina attende chi a vita ci spense”.

Curiosità
Particolarmente suggestiva è la vista della rocca e del sottostante borgo storico, nelle ore notturne.
Chi fa visita alla Rocca con lo stato d’animo adatto, magari all’imbrunire, può avvertire un leggero brivido correre lungo la schiena, quasi vivesse di persona le numerose disgrazie avvenute nella fortezza. Il tenue sibilo del vento che penetra dalle fessure delle grandi finestre a volte pare assumere il tono del doloroso lamento dei due giovani amanti lussuriosi e in alcuni momenti può anche sembrare di intravedere l’ombra fugace di Francesca che si allontana nei corridoi.
Il terribile Alessandro VI Borgia
Dopo il potere dei Malatesta arrivarono gli Sforza. Nel 1494, appena quattordicenne, arriva Lucrezia Borgia, seconda moglie di Giovanni Sforza. La giovinetta, che ci viene sempre descritta come perversa e corrotta era in realtà una gaia fanciulla dai capelli d’oro e dagli occhi azzurri che subiva l’influenza del padre: il terribile Alessandro VI Borgia. Il genitore obbligava la giovane figlia a lasciare il precedente marito ed a sposarne di nuovi per i suoi loschi intrighi. Gli sposi che non volevano lasciare Lucrezia finivano per essere avvelenati. Dopo un breve periodo di dominazione del fratello di Lucrezia, Cesare Borgia detto il Valentino, arrivarono i Della Rovere.


Sul sito internet https://www.gradara.org/eventi-a-gradara/la-notte-romantica-dei-borghi-piu-belli-ditalia/ è possibile prenotare la visita animata nel borgo e nella Rocca di Gradara.
Da non perdere
La Rocca
Dopo due cortine di mura con relative porte (un tempo munite di ponte levatoio) si accede dal borgo sottostante alla Rocca per mezzo del ponte levatoio abbassato. Sopra l’ingresso una lastra di travertino risalente 1494 ricorda la fine dei lavori di restauro voluti da Giovanni Sforza signore di Gradara. Due lati dell’ingresso sono protetti da un dirupo, mentre altre parti della rocca sono difesi dal grande Mastio e da una torre quadrata.

Il Cortile
Superato il portone posto dopo il ponte levatoio abbassato, si entra nel cortile della Rocca. Ora appare evidente il sovrapporsi degli stili costruttivi che nel corso dei secoli anno dato forma all’edificio. Il grande Mastio è la parte più vecchia della Rocca, mentre a destra c’è il Palazzo residenziale. Sopra gli archi del portico sorretto da colonne sono evidenti due stemmi delle Signorie che hanno governato a lungo Gradara: i Malatesta e gli Sforza. Per l’edificazione del cortile sono state impiegate pietre provenienti da edifici romani.




Il Mastio
La torre è l’edificio più alto di tutto il complesso con i suoi 38 metri di altezza. Per il basamento furono impiegate grandi pietre calcaree provenienti da un precedente edificio di epoca romana. In contrasto con le pietre in laterizio rosso. Se osserviamo la parte alta del torrione ne riconosciamo le dimensioni originarie del medesimo. Era dotato di un unico ingresso tramite una piccola porta a cinque metri di altezza, dotata di scala retraibile in caso di assedio.


La Sala delle torture
Il locale è ubicato alla base del torrione edificato dai Griffo, sono esposti alcuni strumenti coercitivi per “strappare” le confessioni ai malcapitati. In un angolo della piccola stanza c’è un pozzo coperto da una grata, serviva da cisterna per la raccolta dell’acqua piovana.

La Camera di Francesca
In questa stanza secondo la leggenda si è consumata la tragedia dei due amanti. Nel pavimento c’è una botola che mette in comunicazione con la Sala del Corpo di Guardia. Le decorazioni alle pareti non risalgono al periodo di Francesca ma sono frutto del restauro del 1922.

I camminamenti di ronda
Le mura di Gradara si sviluppano per una lunghezza di circa 800 metri. Sono rafforzate a distanze regolari da quattordici torri quadrate la cui parte interna è aperta verso il borgo fortificato. Solo quella sovrastante la porta principale, un tempo dotata di ponte levatoio è una torre priva dell’apertura verso l’interno del paese. Percorrendo i Camminamenti di Ronda è possibile osservare a capire meglio com’è strutturata Gradara.


Conclusioni
Incantevole e avvolgente, Gradara è un tesoro intramontabile che ti cattura con la sua storia affascinante e il suo paesaggio mozzafiato. Con il suo castello imponente e le stradine di ciottoli che raccontano antiche storie, questa gemma medievale rimane un luogo da non perdere per chi desidera immergersi nel passato e sperimentare l’autentica bellezza delle Marche.
Visitare Gradara è come fare un viaggio nel tempo, un’esperienza indimenticabile che ti lascerà con il desiderio di tornare ancora e ancora, per riscoprire ogni volta la magia di questa destinazione senza tempo.
